Museo della

Per informazioni turistiche, indicazioni sulle visite e gli orari di apertura della Casa della “Donna Selvatica” rivolgersi presso:
Comune di Neive – Piazza Italia 1
12052 – Neive (CN)
Tel. +39 0173 67004
Fax +39 0173 677781

Il Museo

Casa della “Donna Selvatica”

La Donna Selvatica si caratterizzava, all’interno della società langarola contadina, come portatrice di una cultura antica, in stretto contatto con la natura e i suoi segreti, con i mestieri legati alla stagionalità, con la saggezza dei vecchi inframmezzata con la religiosità popolare e scaramantica.
Un antico racconto delle Salige descrive le Donne Selvatiche delle Langhe come “figure ricorrenti nelle saghe dell’arco alpino, che rappresentano le radici più profonde, corporee e istintuali del femminile: l’archetipo di una natura libera e selvaggia, incontaminata dal disagio della civiltà”.
Il concetto di Donna Selvatica è stato poi ripreso e reso famoso da Romano Levi, produttore artigianale di grappe d’autore, poeta e disegnatore di etichette, una celebrità a Neive. Per lui le Donne Selvatiche sono visioni, ricordi del passato, di quando andava a scuola a piedi e sfiorava per strada “donne belle e scarmigliate, un po’ pazze, un po’ streghe, un po’ fate”.

Romano ce le racconta così le “Donne Selvatiche”:

“Da ragazzino andavo a scuola attraversando le vigne. Tra i filari c’erano spesso i ciabòt, minuscoli ripari dove i vignaioli e i contadini si rifugiavano… Io passavo di lì al mattino e a volte vedevo sbucare da questi ripari donne belle e scarmigliate, un po’ pazze, solitarie, che vivevano spesso ai margini della società paesana. Erano misteriose, senza vincoli, sparivano e poi tornavano, un po’ streghe e un po’ fate.
Erano libere, come dovrebbero essere tutte le donne per vivere la parte migliore della vita”.
testo tratto dal sito www.borghisostenibili.it
Museo della

Vista della facciata della Casa della “Donna Selvatica” su Piazza Italia a Neive

Arte
Selvatica

Per oltre sessant’anni, i fratelli Lidia e Romano Levi, continuando la tradizione dei loro antenati, hanno prodotto una Grappa unica, a tutti nota come “La Grappa della Donna Selvatica”. Non è solo un distillato di vinacce, ma anche l’arte espressa da Lidia nelle composizioni di erbe immerse nelle bottiglie o da Romano nelle etichette poetiche, disegnate a mano; per queste opere è stata addirittura identificata una vera e propria corrente artistica battezzata:

arte-selvatica

Tutti conoscono queste bottiglie di Grappa, tantissimi collezionisti le conservano gelosamente, i ristoranti italiani più famosi nel mondo orgogliosamente le mostrano come simbolo dell’enogastronomia nazionale, un Museo è a loro dedicato, altri musei e gallerie le espongono come piccoli capolavori; pochissimi hanno il coraggio di aprirle e berne il contenuto, ma è solo gustandola che la magia si compie.

“L’arte che si ignora, che non conosce il proprio nome, prodotta dall’ebbrezza creativa senza alcuna destinazione”
(Jean Dubuffet)
…. “Art brut” come antitesi a “beaux arts”, un’estetica del “brutto” in contrapposto a un’estetica del “bello”, ma sempre un’estetica.
Specifica Dubuffet: “L’Art brut ha in sé tutti gli elementi che richiede un’opera d’arte: una bruciante tensione mentale, invenzione senza freni, libertà totale.
Pazzi? Certamente. Potreste concepire un’arte che non fosse un poco folle?
Nietzsche diceva: noi vogliamo dell’arte che danzi.”

E le Donne Selvatiche di Romano Levi, con i loro capelli al vento, danzano davvero sulle etichette, fluttuano, con la leggera semplicità dei loro corpi, nel liquido trasparente della grappa.

Anche Romano Levi, per le molteplici ragioni che affiorano dalla sua biografia, produce le sue donne libere, involontariamente sfuggite al condizionamento culturale e al conformismo sociale.

Come molti degli artisti dell’Art brut la sua è una vita solitaria, legata a un piccolo mondo, quello della distilleria, e la sua produzione nasce innanzitutto per se stesso: disegni al di fuori della tradizione e delle mode, al di fuori del sistema delle arti, delle scuole, gallerie e musei.

Daniela Magnetti

La biblioteca di Palazzo Bricherasio “Romano Levi il grappaiolo angelico” Silvana Editoriale

Il
progetto
museografico

  • Considerazioni-introduttive

    Lo studio e la realizzazione di una “casa” destinata ad ospitare la “Donna Selvatica” di Langa trae origine dall’analisi del patrimonio immateriale antropologico del territorio delle Langhe. Nell’immaginario collettivo (e nella realtà, almeno fino a qualche decennio addietro) la figura della “Donna Selvatica” è sempre stata forte e presente: una donna difficilmente inquadrabile nelle convenzioni sociali dominanti, per nulla attenta alle apparenze e restia al conformismo imperante nelle campagne; una donna indipendente, fiera, autonoma e in grado di badare a se stessa e, il più delle volte, agli altri; una donna, quindi, archetipo delle difficoltà e delle gioie, degli stenti materiali e delle ricchezze spirituali della vita contadina immutata nei secoli.

    All’idea stereotipata della “Donna Selvatica” così come ci è stata trasmessa dalle sedimentazioni storiche nei secoli si è, oggi, aggiunta la rievocazione in stile contemporaneo (ma fino a che punto?) fattane dal “grappaiol’angelico”, Romano Levi da Neive, il quale raffigura la sua versione immaginifica della “Donna Selvatica” sulle preziose etichette da egli stesso disegnate per le sue Grappe.

    Tale rievocazione proviene, come ammette lo stesso Levi, dalla storia passata delle Langhe e dei suoi abitanti: “da ragazzino andavo a scuola a piedi, attraversando le colline e le vigne. Tra i filari c’erano spesso i ciabòt, minuscoli ripari attrezzati dove i vignaioli e i contadini si rifugiavano nel caso la sera li sorprendesse una tempesta o se la mattina c’era da stare in vigna prima del sole. Io passavo di lì al mattino e a volte vedevo sbucare da questi ripari donne belle e scarmigliate, un po’ pazze, solitarie, che vivevano spesso ai margini della società paesana. Erano misteriose, senza vincoli, sparivano e poi tornavano, un po’ streghe e un po’ fate. Erano libere, come dovrebbero essere tutte le donne per vivere la parte migliore della vita”.

    L’esposizione che si vuole andare a creare, quindi, si pone come il “trait d’union” – necessario ma fino ad oggi mancante – tra l’opera di un’artista, ormai diffusa in tutto il mondo occidentale, e la realtà da cui tale artista trae spunto e immaginazione, andando a pescare nei ricordi di un’infanzia lontana. Lontana non tanto per gli anni trascorsi, quanto, soprattutto, nella distanza diacronica tra l’oggi e il recente passato, tra i quali si è venuto a stabilire un abisso incolmabile. Il museo oggetto di studio si pone l’arduo compito morale di gettare un ponte tra le generazioni, per far comprendere coscientemente oggi ciò che era vivo sino a ieri, addormentato dal ritmo della vita moderna, dall’emigrazione verso la città, dalla sostituzione della cultura contadina con quella “alta”, cresciuta sui libri e non sull’esperienza di generazioni.

  • La-distilleria-“Levi-Serafino”-e-la-figura-di-Romano-Levi

    La storia della distilleria Levi ebbe inizio quando venne fondata in Neive nel 1925 da Serafino Levi, che morì giovanissimo nel 1933 lasciando la moglie e due figli, Lidia e Romano (che ai tempi aveva solo 5 anni). La moglie di Serafino decise coraggiosamente di continuare l’attività del marito che passò nel 1945 nelle mani del figlio appena diciassettenne, alla morte della madre sotto un bombardamento aereo. Come lo stesso Levi ha detto: ”… poi è andata bene che la mia mamma la distilleria l’ha tenuta e non l’ha venduta; e nel ’45 sono rimasto io solo con mia sorella Lidia. Cosa fare, altri lavori? Non sapevo di preciso. Qui c’era la distilleria, bisognava distillare. Ma se c’era la parte bella: il fuoco, la brace, la vinaccia che arrivava, quella roba lì dal colore allegro, altra cosa era fare la grappa. Per fortuna, sbagliando si impara. Comunque trattandosi di qualcosa che si fa per ripetizione, parliamo di qualcosa che vive, la variazione si presenta di continuo. Infatti il contenuto di ogni bottiglia non è uguale a quello di una bottiglia venuta dopo. Ogni bottiglia è un individuo irripetibile, com’è individuo a sé chi la prepara: quella che sta vicino al legno e quella che gli sta meno vicino, dentro alla botte…e tutto un lavoro così…”.

    Nei primi anni Sessanta volle differenziare la sua produzione da quelle dei concorrenti personalizzando le bottiglie ad una ad una con etichette da egli stesso disegnate o dedicate con poesie da vero artista di vita: questa operazione ha reso Levi uno tra i produttori di grappa più famosi al mondo, soprattutto nei paesi di lingua tedesca: ogni giorno davanti al laboratorio artigianale di Neive si formano lunghe file di persone in attesa di incontrare il produttore-artista e di ricevere una bottiglia con annessa etichetta personalizzata.

    La Grappa di Levi è prodotta con il metodo antico, a fuoco diretto sulla caldaia di rame all’interno della quale si trovano vinacce ed acqua. Tutta l’attrezzatura per la produzione è quella originale di inizio secolo con solo pochi indispensabili ammodernamenti. Altra particolarità della produzione è il solo utilizzo di vinacce esauste dell’annata precedente seccate e pressate per fare fuoco sotto la caldaia di rame nelle distillazioni dell’anno successivo.

  • Caratteristiche-e-origine-della-“Donna-Selvatica”

    Come si caratterizzava la “Donna Selvatica” nel mondo contadino della Langa? Possiamo inquadrarne la figura attraverso alcuni aggettivi, sorta di “enciclopedia” della donna di Langa, utile a delinearne figura, temperamento e posizione all’interno del mondo e della società.

    La “Donna Selvatica” era, quindi:

    • autoritaria
    • lavoratrice
    • parsimoniosa (se non avara)
    • misteriosa
    • “vispa”
    • scapigliata
    • indipendente
    • intelligente
    • furba
    • imperativa
    • inquietante
    • severa
    • libera
    • immaginifica
    • partigiana
    • solitaria (ma non sola)

    La “Donna Selvatica” si caratterizzava, all’interno della società contadina delle Langhe, come portatrice di una cultura che affondava le sue radici nella notte dei tempi, in stretto contatto con la natura e i suoi segreti, con i mestieri legati alla stagionalità, con la saggezza dei vecchi che si inframmezzava con la religiosità popolare e scaramantica. Non a caso la posizione che essa deteneva all’interno della società era legata al contatto con la natura e al mondo nascosto. Essa stessa, spesso emarginata dal mondo, si rifugiava nel mondo “suo” dei mestieri al margine, indispensabili quanto negletti dai membri a pieno titolo della società: levatrice, speziaria, cantiniera, ostessa, stregona (masca, o quasi)… il tutto in autonomia di spirito e di giudizio, libera dai complessi rituali che governavano la stereotipata società contadina.

    Allo stesso modo si può definire “Donna Selvatica” colei che, nascosta e imperturbabile, governava la casa e la famiglia, incarnando gli ideali di una struttura matriarcale immota nei secoli. La donna di Langa era padrona e schiava della sua stessa famiglia, obbediente alle regole non scritte della saggezza contadina, del risparmio, della convenienza; figura cui si doveva rispetto, soprattutto una volta acquisito lo status di veterana della famiglia. I casi qui descritti fanno entrambi riferimento a una femminilità molto langarola, che profuma di mosto, di campo, di cucina.

    Questo atteggiamento, a ben vedere, ha a che fare con una visione dominante nei confronti dell’alterità, una donna che si erge al livello di comando. Questo sta quasi a sottolineare la propria preminenza sugli altri, dall’alto della saggezza tipica della “Donna Selvatica” che deve rendere conto alla natura o al creatore ma non agli uomini. In netto contrasto con questa definizione si pone, quasi per ossimoro, la donna completamente asservita al volere degli uomini (in quanto esseri umani e in quanto membri maschili della propria famiglia), raccontata da Fenoglio in suoi vari racconti, schiava delle convenzioni sociali, del pettegolezzo, del rispetto totale e deferente dell’autorità costituita e voluta dagli altri. Scopo di questa esposizione è restituire alle “Donne Selvatiche” di Langa proprio la femminilità e la specificità che era stata loro negata da secoli di esilii volontari o imposti dalla società.
    La “Donna Selvatica” delle Langhe si innerva nella fantasia e nell’immaginifico attraverso l’antichissimo racconto delle Salige, “figure ricorrenti nelle saghe dell’arco alpino, che rappresentano le radici più profonde, corporee e istintuali, del femminile: l’archetipo di una natura libera e selvaggia, incontaminata dal disagio della civiltà”. A loro volta queste sono le traslitterazioni alpine delle “donne selvagge”, mito diffuso in tutto il mondo, dal Messico al Giappone. “Amorevoli e donative, pronte a soccorrere chiunque abbia bisogno di aiuto e a condividere liberamente ogni forma di amore, scivolando con le loro lunghe chiome bionde nel letto di qualche valligiano, preferibilmente giovane, bello e appassionato, le donne selvatiche possono essere molto vendicative e crudeli quando le persone a cui si dedicano tradiscono il loro “segreto” svelandone il “nome”, simbolo dell’essenza più misteriosa e profonda della femminilità”.

    “Certo, perciò un mattino ci alziamo e vediamo che il tempo è diverso, più calmo, più tiepido, più bello: è perché, la notte, è passata la “Donna Selvatica” a scompartire le stagioni, a portare via le nuvole”.

  • Linee-guida-del-progetto-museografico

    La proposta di allestimento contenuta nel presente progetto si base su alcune considerazioni di fondo già evidenziate nel capitolo precedente, prima fra tutte la volontà di recuperare il contatto con la tradizione attraverso l’esplicitazione visiva delle tematiche legate al mondo della “Donna Selvatica” .
    Si è pensato di condensare i possibili temi in tre grandi gruppi da rappresentare in svolgimento successivo da destra a sinistra, attraverso metodologie descritte successivamente.
    Sinteticamente, si prevede di allestire la casa della donna selvatica con il seguente schema:

    • La donna selvatica: vita ed esperienza
    • Gli aggettivi selvatici
    • Laboratorio creativo: alla ricerca del nostro selvatico

    La scansione delle tematiche nella sala corrisponde a quanto indicato nella mappa allegata al presente progetto museografico.

    Scopo precipuo del costituendo Museo è quello di valorizzare al meglio un edificio sito nel centro storico di Neive, una tra le città storiche più belle d’Italia, così come attestato dalla sua iscrizione nella lista dei “Borghi più belli d’Italia”. La presenza in Neive di un personaggio noto a livello internazionale come Romano Levi; l’essere situata all’interno del panorama vitivinicolo di Langa (“patrimonio dell’umanità” dell’UNESCO); la forte presenza in paese delle tradizioni legate al retaggio antico e alle tradizioni legate al lavoro nei campi, hanno portato a mettere in risalto al massimo grado le tematiche legate alla “Donna Selvatica” e a ritenerle tali da poter esplicare al meglio il genius loci del paese.

    Riteniamo, quindi, che l’attrattività turistica del paese (in virtù proprio del consenso internazionale che gravita intorno alla figura di Romano Levi) non possa che ricevere un eccezionale beneficio dall’istituzione di tale struttura museale.

    La “Donna Selvatica”: vita ed esperienza”

    In questa sezione si andrà ad esplicitare al pubblico l’ambiente nel quale la “Donna Selvatica” viveva e le rappresentazioni della donna che si vogliono trasmettere. Questa operazione si metterà in pratica attraverso l’utilizzo di installazioni e tecnologie capaci di stimolare i diversi sensi dei visitatori: vista, tatto, olfatto, udito.

    Verranno, quindi, diffusi i profumi che avviluppavano la “Donna Selvatica” (il mosto, su tutti) attraverso diffusori disposti appositamente.

    Si potranno inoltre ricreare ambientazioni tipiche della donna di cui intendiamo parlare: il ciabòt, la cascina, la vigna, l’aia e la stalla… Queste situazione si potranno rievocare attraverso piccole installazioni (una finestra che da verso l’interno dietro la quale si sporge la matriarca della famiglia intenta a impartire ordine da dietro le filure) o mediante disegni e pannelli evocativi.

    Parte importante nel ricreare l’atmosfera nella quale erano immerse (e da cui traevano linfa e origine) le “Donne Selvatiche” verrà data dai suoni: l’uso di frasi in lingua piemontese – nella variante del dialetto langarolo – servirà a introdurre ancor di più al mondo delle donne di Langa, per le quali il dialetto era l’unica e costante forma di espressione, sintomo di un mondo confinato nei pochi chilometri delle colline delle Langhe. Richiami (l’urlo che si rincorreva da collina a collina durante la vendemmia è rimasto nella memoria di molti abitanti della zona), frasi di rito, fischi, canzoni tipiche e, anche, imprecazioni saranno sottofondo ideale per la conoscenza del mondo della donna di Langa.

    Grande importanza avrà la riproduzione attraverso sistemi di riproduzione audio di letture “colte” ma perfettamente inserite nel mondo che vogliamo descrivere, opera di autori quali Fenoglio, Pavese, Soldati, Arpino, Monti, Revelli e altri che hanno dedicato pagine vibranti alle donne della Langa, della “Malora”, delle vigne: le donne selvatiche.

  • Gli-aggettivi-selvatici

    In questa seconda sezione gli aggettivi riferiti alla “Donna Selvatica” già citati in precedenza verranno esplicitati attraverso l’uso delle immagini. Vogliamo qui accompagnare le fotografie delle donne di Langa (a partire dal libro di Piccinelli fino a riproduzioni o originali da individuare presso privati) con le rappresentazioni delle “Donne Selvatiche” fatte dallo stesso Levi nelle sue etichette, andando ad individuare le caratteristiche delle donne raffigurate. Avremo così la foto reale e il disegno immaginifico della donna scarmigliata “che scavalica le colline” nei suoi atteggiamenti e nelle sue attitudini più marcate: il lavoro, l’amore, la passione, la natura…

    Per dare vigore e ritmo alle raffigurazioni si potrebbero accompagnare le immagini con l’esposizione di oggetti e simboli afferenti alle stesse tipologie di donne: fiori, vestiti, accessori, frutti, terra, ex voto… da disporre in maniera accidentale (accatastati, dall’alto, al contrario) per dare l’idea del disordine e dell’inquietudine che animavano l’anima e la mente delle donne di Langa, dietro il loro volto di severo cipiglio.

    L’esposizione delle etichette di Levi, così, non si rivelerà essere fine a se stessa né, tantomeno, si risolverà in una mera operazione di marketing commerciale, ma assumerà il compito di poeticizzare l’esistente, di accompagnare la realtà con il sogno e la fantasia.

  • Laboratorio-creativo:-alla-ricerca-del-nostro-selvatico

    Nell’ultima parte dello spazio museale si vorrà dare l’opportunità a tutti di raffigurare la loro percezione della “Donna Selvatica”, grazie alla predisposizione di un laboratorio di intrattenimento culturale nel quale si potrà disegnare la propria etichetta.

    Gli spunti forniti nelle sezioni precedenti potranno, giunti a questo punto, essere messi in pratica e, grazie alla dotazione di carta, colori e matite, tradotte in poster, carte da gioco, etichette per le bottiglie di vino o di grappa eventualmente acquistate alla “Bottega dei quattro vini” o presso la sala museale stessa grazie a una collaborazione con l’enoteca (rendendo così ancora più interessante e proficuo il soggiorno dei turisti a Neive). Anche in quest’ultima sezione giocheranno una parte importante le etichette di Levi, spunto e fonte di ispirazione per i futuri “artisti selvatici”.

    Il “laboratorio di selvatichezza” potrà essere elemento di forte richiamo per scuole, gruppi organizzati (anche, e soprattutto, stranieri) in cerca sia di prodotti enogastronomici di indubbio valore (la Grappa di Levi, appunto), sia di un ritorno alle origini, di un ritorno a quello che l’antropologo Claudio Risè definisce il “wilderness: una metafora dell’istinto rimosso dalle buone maniere, che è necessario recuperare se vogliamo rimettere in circolo le nostre energie più vitali”.

Esposizioni
d’Arte

  • 2014

    Romano Levi

    “Il mito della Donna Selvatica”

    Esposizione di etichette originali di Romano Levi, di amici ed artisti:
    Giovannino Guareschi, Antonio Lupano, Paolo Conte, Antonio Guarene, Giorgio Faletti, Renato Missaglia

    Mostra 70° fiammifero

    NEIVE | Sala Gran Castelbourg – via Rocca 11
    25 ottobre – 15 novembre
  • 2009

    Neive, vino e…

    Inaugurazione del museo “Casa della Donna Selvatica”

    Apertura museo 2009

    NEIVE
  • 2008

    Romano Levi

    “Grappaiolo angelico” distillatore a Neive

    mostra alla memoria

    mostra-2008

    CAMPODOLCINO | MUSEO MUVIS
    19 luglio – 14 settembre

    Scarica brochure festa

    Scarica brochure mostra

    Scarica locandina e cartoline
  • 2007

    IV edizione Collecchio Video Film Festival

    “Romano Levi e la Donna Selvatica”
    “L’uomo selvatico”

    mostra video – documentaria con foto di Marco Buzzoni e video di Stefano Chiuri

    Collecchio Video Film Festival

    COLLECCHIO
    agosto

    Scarica brochure mostra

    Scarica cartoline

    Romano Levi – L’arte della donna selvatica

    Corso di Anatomia dell’Immagine tenuto dal Prof. Belgioioso
    realizzazione fascicolo rivisto ed arricchito da ulteriori disegni e immagini fotografiche nel Maggio del 2008

    Romano Levi e la Donna Selvatica

    TORINO | Accademia Albertina
    agosto

    Romano Levi Il grappaiolo angelico, disegni, poesia e territorio

    Rassegna all’opera artistica di Romano

    Daniela Magnetti, direttore della fondazione Palazzo Bricherasio, colloca Romano nel movimento artistico dell’Art Brut (Raw Art o Outsider Art).
    Jean Dubuffet, capofila del movimento nel 1947, aveva definito l’Art Brut come “l’arte che si ignora, che non conosce il proprio nome, prodotta dall’ebbrezza creativa senza alcuna destinazione”.

    Romano Levi Il grappaiolo angelico, disegni, poesia e territorio

    TORINO | Sale Storiche, Palazzo Bricherasio
    19 aprile – 13 maggio
  • 2003

    Mostra Biografica Romano Levi

    Mostra biografica

    Mostra-Biografica-Romano-Levi

    NEIVE, BORGO NUOVO | Auditorium San Giuseppe
    27 settembre – 9 novembre
  • 1993

    Romano Levi l’Angelo Distillatore

    Mostra
    La Gazzetta di Mantova e la Gazzetta di Reggio gli dedicano un articolo

    Romano Levi l'Angelo Distillatore

    VIADANA (MN) | Galleria Bedoli
    14 – 28 febbraio
  • 1982

    Neive-Bergamo. Le Donne Selvatiche scavalicano le colline verso il sole, 14 aprile 1982

    Mostra
    Litografia in tiratura di 200 esemplari con presentazione dattiloscritta de’ L’Espresso, rubrica La Bottiglia

    Neive-Bergamo. Le Donne Selvatiche scavalicano le colline verso il sole, 14 aprile 1982

    BERGAMO | Galleria Il Vicolo
    14 aprile